Business coaching per imparare a essere il leader
Desideriamo tanto arrivare ad essere un “capo” e quando ci siamo, ci rendiamo conto che farsi rispettare non è semplice. Non basta il grado per far sì che le persone ci seguano. Ci vuole anche altro. È quello che con un solo termine chiamiamo leadership e che è composto da tanti aspetti, tra cui anche la coerenza della nostra comunicazione. L’incoerenza è l’errore che noi stessi agiamo e che si ritorce contro noi stessi. Difficile rilevarlo da soli.
Come essere credibili – Le doti del leader
Quando dobbiamo parlare ai nostri collaboratori, la nostra attenzione è massima su ciò che dobbiamo dire e non è altrettanto sul come dire. È uno degli aspetti che rilevo maggiormente nei casi di Business coaching, quando a chiedere aiuto sono manager e dirigenti, cioè tutte quelle figure che per ruolo professionale devono coordinare ed indirizzare altre persone.
È il caso di questo articolo, in cui un manager si sente poco riconosciuto dai collaboratori, ma non sa che il primo a sabotare la sua figura è proprio se stesso.
Facciamo tanta fatica per arrivare a ruoli apicali e quando ci siamo, noi stessi commettiamo errori che minano la nostra stessa credibilità.
Sergio, nome immaginario, è il manager che coordina uno dei reparti della produzione di prodotti di pelletteria per grandi griffe.
È un uomo di mezza età, simpatico e brillante. Ha anche avuto una certa fortuna, perché l’azienda in cui lavora è della famiglia della moglie. Anche lei è in azienda e nei fatti è il suo responsabile, anche se il rapporto tra loro è di così elevata collaborazione, che nessuno dei due ha mai sentito la difficoltà del lavorare con il coniuge.
Sergio è entrato in azienda quando già esisteva la relazione sentimentale con l’allora figlia del titolare e nel giro di pochi anni dal suo ingresso è diventato responsabile del reparto del taglio della pelle. È un reparto composto da una decina di uomini di età anagrafica mista.
Business coaching – Se le relazioni con i dipendenti sono spinose
Sergio racconta le difficoltà che incontra quotidianamente nel posto di lavoro e, dopo aver introdotto la situazione generale, a fatica entra negli ambiti che a lui stanno più a cuore e che sono per lui particolarmente spinosi.
Sono le relazioni con le persone che coordina. Parliamo di alcuni dipendenti con cui ha un buon rapporto ed ai quali è facile chiedere e fare osservazioni, perché sono collaborativi e non spigolosi.
Parliamo anche di soggetti che non lo riconoscono. Sergio si sente infatti poco riconosciuto da alcuni di questi soggetti. È arrivato al punto di avere timore a parlare con loro, tanto sono oppositivi, polemici, critici e perfino offensivi.
Si sente offeso, Sergio, da questo loro modo di fare e davvero è diventato un problema per lui doversi rivolgere a loro per dare le specifiche di come effettuare un nuovo lavoro.
Si vergogna di dover ammettere che fa fatica a parlare con alcuni di loro.
Cerca di sminuire l’impatto emotivo quando racconta queste situazioni, ma si vede che è profondamente ferito e lasciandogli il tempo di cui ha bisogno, rivela la rabbia che prova. Non nasconde che qualche volta avrebbe voluto prendere a pugni qualcuno, ma … ovviamente, non l’ha fatto.
Non può neanche appoggiarsi alla moglie a casa per sfogarsi, visto che lavorano nella stessa azienda.
Comprendere i propri punti deboli – Come dirigere un’azienda
Eppure Sergio non sa che chi ha innescato questo meccanismo è lui stesso. Infatti quando passiamo alle simulazioni del come dire al collaboratore più ostico nei suoi confronti, alcune specifiche del lavoro e che queste specifiche vanno realizzate entra pochi giorni, è lo stesso Sergio a rivelare il punto debole.
È il suo modo di parlare, tra para verbale e non verbale incoerenti rispetto al ruolo di responsabile che lui ha, che lo minano.
Non si vuole rendere conto di questo Sergio. Insiste a dire che lui pensa molto a cosa dire a questa persona, per essere il più puntuale e preciso possibile. Non sa Sergio, che lui stesso adotta un modo di parlare che mina il suo ruolo di responsabile.
Per fortuna è facile fare un video ora con il telefonino e dimostrargli quanto siano incoerenti i contenuti di ciò che dice rispetto al modo un po’ istrionico che adotta.
Sergio infatti non si è reso conto che, per tenere a bada l’ansia che il dover parlare a questo soggetto gli crea, adotta un modo di parlare quasi da giocoliere e saltimbanco. Ride, fa ironia su ciò che ha appena detto, e quindi ridendo è come se smentisse se stesso.
Questo avviene anche quando deve riprendere il dipendente e dare indicazioni nuove e “rigide”.
L’imbarazzo, la tensione e la vergogna che prova nel dover parlare a questo soggetto, gli fanno tenere atteggiamenti disfunzionali rispetto a ciò che deve ottenere, minando l’efficacia della sua leadership, che così risulta debole.
Coaching aziendale – Come diventare un buon capo
Sergio ristruttura velocemente il suo modo di comportarsi, ora che ha compreso l’errore e nel giro di pochi giorni ottiene già i primi risultati positivi.
Confessa che non si era proprio reso conto di essere lui stesso il fautore del primo errore ed ammette che ha fatto un po’ fatica a comprendere come mettere in pratica la coerenza tra le parole che dici (verbale) ed il come lo dici (para e non verbale) nella prima fase.
Gestire la propria leadership è un processo molto sofisticato, complesso e composto da molte variabili, tra cui il senso di autoefficacia, la propria comunicazione e la coerenza tra gli elementi che compongono la comunicazione.
Infine l’ulteriore difficoltà è che da soli è difficilissimo auto valutarsi e comprendere i comportamenti disfunzionali attivati. Oggi Sergio ha il suo nuovo stile.
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