Non dormo per le preoccupazioni che ho sul lavoro. Come ne esco?
Mi sento inadeguata al lavoro e non so più chi sono
Cosa accade quando ci sentiamo inadeguati al lavoro?
Possiamo essere così tanto in difficoltà da rendere difficili le funzioni di base del corpo umano e minare la nostra identità?
Come si esce da una situazione di questo tipo?
Riusciamo a superare queste difficoltà da soli?
Quali sono i segnali che ci dicono che è ora di chiedere aiuto?
Sentirsi inadeguati al lavoro
Ecco uno dei tanti casi seguiti. Donna di mezza età, funzionario di banca, mi contatta perché non dorme la notte. È preoccupata, per l’insonnia e mi racconta che non capisce più cosa deve fare al lavoro. Si sente confusa e non sa più chi è e cosa deve fare. Si sente sempre non adeguata al suo ruolo.
La sua banca è stata assorbita da un’altra e, a chi è arrivato per ultimo, è stato modificato il ruolo professionale.
Risultato: da un ruolo manageriale di responsabile di filiale, ora è al servizio di supporto telefonico al cliente. Non dorme la notte per le preoccupazioni che vive e mi chiede aiuto.
Cambiare azienda significa tanti cambiamenti:
- la tipologia di organizzazione interna adottata;
- il linguaggio interno di comunicazione;
- la relazione tra colleghi;
- gli strumenti che sono dati in uso al personale;
- le procedure interne per il governo dei processi così come quelle esterne per la gestione dei clienti.
Non ce ne rendiamo conto, ma sono tanti gli elementi che subiscono modificazioni e rispetto ai quali dobbiamo adottare nuove strategie e nuovi comportamenti.
“Non dormo per le preoccupazioni che ho sul lavoro”: quando il corpo non trova riposo
Il mancato sonno è un segnale fisico che dice chiaramente quando siamo in crisi. Il corpo è infatti l’ultima terminazione di una macchinario complesso, come quello dell’essere umano. Se non lavora più nel modo corretto, sei certo che sei andato troppo oltre. Non regge più!
Le preoccupazioni, le paure, il depotenziamento emotivo legato al senso di inadeguatezza sono gli altri elementi che sul fronte emotivo contribuiscono ad arricchire lo stato di difficoltà e come tali, lo completano.
Come se ne può venire fuori? Vorremmo molto riuscire a risolvere da soli ed è giusto provare. Quando decidiamo di chiedere aiuto, abbiamo già tentato da soli più volte e non ci siamo riusciti. Se continuiamo ad avere lo stesso stato di confusione mentale, difficoltà a dormire e senso d’incertezza e d’inadeguatezza, vuol dire che la situazione non sta migliorando.
È legittimo provare. Poi sta a noi decidere quanto, e quanto a lungo, vogliamo stare male.
Un po’ di life coaching per riposizionare l’angolo di visuale
In questi casi il coaching porta la persona a stare meglio già nel giro di pochi incontri. Supporta la persona, aiutandola a intravedere nuovi elementi, positivi e che sono i nostri punti di forza, di cui spesso siamo poco consapevoli o che ora, nello stato di caos che viviamo, non riusciamo più a vedere.
Il coaching aiuta anche a riposizionare l’angolo di visuale, che in questo caso non è “non dormo”, ma è “mi sento inadeguato al lavoro”.
E su questo lavora in tanti modi:
- andando a ridurre le paure;
- togliendo quel senso di confusione e di nebbia che in certi periodi abbiamo in testa;
- individuando le strategie migliori da adottare sul posto di lavoro, sia con i clienti sia con i colleghi.
Individuare la reale fonte di preoccupazione da soli è difficile per tutti noi. Ancor più lavorare su questo aspetto nel modo opportuno.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!